“Lascia che i dottori facciano il loro lavoro”
Sono reduce da una seduta di EMDR, nel caso non ne avessi mai sentito parlare, ti lascio il link al sito della mia Dottoressa che mi sta seguendo in questo percorso.
La mia prima esperienza con l’EMDR
La mia prima esperienza con l’EMDR, è stata 5 anni fa e sono sincera, ho lasciato perdere dopo la prima seduta, lo trovai estremamente doloroso e in quel momento nel pieno del mio cambiamento di vita, non ebbi le forze di andare avanti, mi portai a casa come beneficio quello di dover smettere di sentire il peso della famiglia sulle mie spalle. Capii di essere libera di licenziarmi, libera di scegliere, libera di seguire i miei sogni e di tornare a lavorare nel mondo educativo.
A distanza di un anno dal parto, dopo aver sentito diversi avvocati ed essermi sentita dire ” mettici una pietra sopra ” ho capito che quello che dovevo fare era di elaborare il trauma subito un anno fa e di andare avanti.
Oggi finalmente riesco a parlarne, senza vergogna, ma soprattutto riesco a trovare la forza di farlo.
La mia esperienza durante il parto
Quando sono rimasta incinta, ero ormai arrivata alla totale assenza di dolore durante il ciclo, si può dire che stavo bene, stavo finalmente bene dopo tanto tempo, tanti anni.
Fino al quinto mese sono stata seguita dalla mia ginecologa privatamente, la gravidanza è sempre stata fisiologica e il consiglio fu quello di fare la presa in carico in ospedale. Dopo la prima visita, decidono che è il caso di fare il controllo anche nel reparto di patologia benigna dell’ospedale San Gerardo di Monza.
Da qui iniziano settimane di pressioni e ansie inutili, il dottore specialista inizia a parlare di cesareo poiché non riesce a verificare la grandezza dell’unico nodulo di endometriosi rimasto, vocifera di potenziali lacerazioni, emorragie, di intervento da eseguire subito dopo 7 mesi dal parto.
La sua infondatezza e il suo arrampicarsi sui vetri la riconosco solo ora, solo ora che la Sophie è nata, che non ho la responsabilità di un’altra vita dentro di me.
Affidarsi
Ricordo il suo cambio di voce infido, per cercare forse di sembrare delicato e conquistare la mia fiducia e farsi che mi affidassi. Ricordo il continuo ping-pong tra il suo parere e quello delle ginecologhe che durante i controlli continuavano a sostenere che la gravidanza era fisiologica e si poteva procedere in maniera lineare fino alla rottura delle acque, ricordo il parere dei dottori privati che mi seguivano dicendomi che per loro non c’era nessuna complicazione, ma che avendo fatto la presa in carico ed essendo seguita da loro, dovevo ormai affidarmi.
Nel costante ping pong tra un parere discordante e l’altro, dissero di rimandare la decisione al primario, mai interpellato se non da me, che confermava di attendere il normale corso della gravidanza.
Passano i mesi, il termine si avvicina e la Sophie diventa sempre più grande, gli esami lasciano pensare a potenziali complicazioni per alcuni valori alti di cheratina, sempre nella norma secondo il mio urologo, un primario, forse l’unico dottore umano e bravo incontrato fino ad oggi..Ma in ospedale i ginecologi arrivano al punto di dirmi che spesso gli urologi non hanno idea di quali debbano essere i valori della cheratina in gravidanza.
La violenza ostetrica
Sorvolo su tutto per non tirarla troppo per le lunghe e arriviamo al giorno del parto: un taglio cesareo semi programmato, il giorno prima per la mattina dopo.
Non so dirvi il giorno prima il malessere creatomi in ospedale ai controlli, perché anche questa è una brutta storia, ma ricordo le parole di una ginecologa amica che la sera prima al telefono mi dice: ” Sei arrivata fin qui, domani percorri l’ultimo km e abbracci la tua bambina!”
Quelle parole tra la mia confusione generale e la paura mi danno il coraggio di percorrere l’ultimo km.
Sì sono una di quelle che ci teneva al parto naturale. Ma c’è anche un grosso SE, e se il cesareo avesse portato complicazioni al mia stato di salute? Per chi ha sofferto di Endometriosi è sconsigliato arrivare ad un cesareo, con i dovuti rischi aderenze ecc, ecc, di cui nessuno se ne stava occupando, che facevano crescere in me il timore di non essere in grado di occuparmi di mia figlia per paura di stare ancora male.
Arrivano le 7:00 del mattino e vivo istante dopo istante pensando che Dio non può farti vivere ciò che non puoi sopportare, e procedo passo passo superando i vari step del pre parto.
Tra i disagi recatimi, risulto positiva al covid, nonostante fossi asintomatica e i test a casa risultino negativi, ( ma anche questa è davvero un’altra brutta storia), mi impressiono a veder messe le mie cose in un sacco di plastica, posizionate sotto la barella, solo chi ha perso i propri cari durante il covid, sa quanto dolore può simboleggiare quel sacco.
Cerco di farmi coraggio e vado oltre, l’anestesista non è tra le più simpatiche, io sono di certo una fifona, lo ammetto, ma questo non autorizza nessuno a dirmi: ” Stai diventando madre e fai tutte ste scenate ”
..ed è sempre sua la frase lascia che i dottori facciano il loro lavoro..
La Sophie nasce alle 11:12, ed è i regalo più meraviglioso che la vita mi ha donato, esplodo in gioia immensa ogni giorno quando la osservo e quasi mi pizzico per vedere se è tutto reale.
E’ stato reale e non doveva accadere anche l’intervento dello specialista dopo la sua nascita: nonostante il mio continuo ribadire che anche in caso di cesareo io non volevo in alcun modo si intervenisse chirurgicamente su quel che rimaneva dell’endometriosi, lo specialista durante il tc, si è fatto trovare pronto in corridoio e dopo che Sophie mi è stata portata via, è entrato per ispezionarmi, per verificare lo stato della mia endometriosi.
Per verificare come fosse possibile che io avessi ottenuto quei risultati, che senza operazione, senza pillola, fossi rimasta incinta e non avessi più dolori e le cisti di endometriosi si fossero riassorbite.
Paura, rabbia, dolore, sgomento, queste sono le emozioni che ho provato quando ho sentito la sua voce nel corridoio, mentre si preparava ad entrare in sala parto. Mi sono sentita in trappola, quando hanno deciso nel momento più bello della mia vita, di farmi risentire una paziente.
I ricordi di quel momento risultano poi offuscati, per me è stata davvero dura il cesareo, perché non è vero che non senti niente, senti tutto eccetto il dolore.
Continuare questa agonia é stata una tortura oltre che avermi esposto ad un potenziale rischio senza alcuna ragione sensata.
Spesso durante il parto, l’anestesista mi minacciava di addormentarmi e mi chiedeva di calmarmi perché se no doveva ricorrere all’anestesia totale, come se controllare degli attacchi di panico in una situazione simile potesse essere normale.
Ricordo nitidamente un momento in cui sento il primario, addirittura esultare, poiché non avevano trovato nulla se non una ciste endometriosica di un cm, totalmente riassorbita poi durante il post parto e non più presente all’eco di controllo.
Ricordo nitidamente la frase ‘ Ora rimettiamo dentro l’utero’ e io che in quel momento non sapevo e non ero cosciente di ciò che stata accadendo, iniziai ad agitarmi, nessuno di loro aveva il diritto di farmi quell che mi ha fatto, mia figlia era nata, ed era sola senza nemmeno il papà, ancora a casa che nessuno aveva ancora avvertito.
Io ero da sola e non vedevo solo l’ora di ricongiungermi a lei.
Sentendo quella frase, agitata ed impaurita,inizio a gridare: “che cosa mi state facendo? Ho detto che non mi dovevate toccare ”
Io ero in trappola.
L’anestesista a quel punto mi mette la mascherina, inizio a sentirmi stordita e a capire sempre meno, fino ad un risveglio più chiaro e limpido.
Ricordo la sua frase mentre decise di ‘stordirmi’ :” lascia che i medici facciano il loro lavoro”.
Già, ed oggi mi chiedo, esattamente quale sia il loro lavoro.
Durante la seduta di ieri di Emdr, sono emerse tante emozioni negative, ho dovuto lasciare andare tanto, tanta rabbia, tanta consapevolezza, tra cui il fatto che si parla tanto di violenza ostetrica ma che di fatto se non c’è un danno fisico ed è solo mentale quel che si può fare è solo metterci una pietra su, una voragine su. Almeno così mi è stato detto da un avvocato super onesto a cui mi sono rivolta.
Ma tra tutta questa merda da spalare, é emerso il significato banale, che dietro questo loro atto si prepotenza, la me ingenua si aspetta un riconoscimento, un pat pat sulla schiena perché io ce l’ho fatta!
Invece emerge questo sentimento comune tra i medici, questa freddezza di stare sulle loro e non perché io non ce l’abbia fatta, non perché io e la mia storia non abbiamo valore ma perché scusarsi, ammetterlo, li costringerebbe ad ammettere IL LORO DI FALLIMENTO.
E così per mesi mi sono sentita io a dovermi vergognare, ad avere paura di urlare al mondo che io ce l’avevo fatta, perché nessuno di loro che mi ha sempre condannata, che mi ha abbandonata ad un diagnosi di sofferenza cronica mi ha mai detto che sono stata brava.
Ritorno a crugiolarmi sul senso di definire la malattia cronica, incurabile.
Incurabile o che ancora non è stato possibile trovare una cura. Un mondo dietro a due frasi così potenti, dietro a corpi così impotenti.
Ringrazio me stessa per aver avuto sempre sete di vita e riconosco a me quanto sia stata brava, forte e resiliente e sono grata alla vita.